E’ un film del 1962. Il film è tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Henri-Pierre Roché.
Girato nel 1961, Jules e Jim è il film che all’inizio del ’62 conferma François Truffaut come alfiere della nouvelle vague ma insieme lo consacra il regista francese per eccellenza del secondo dopoguerra. Applaudito da critica e pubblico sia in patria che all’estero, è appena al suo terzo lungometraggio.
Il romanzo di Roché ha affascinato Truffaut per la sua grande innocenza e per la straordinaria semplicità del suo linguaggio che, paradossalmente, giunge a conseguire effetti di grande preziosità e raffinatezza. È la storia di un triangolo amoroso che, all’epoca, suscitò un considerevole scandalo tanto che venne proibito ai minori di 18 anni. Con questo film prosegue la collaborazione tra Truffaut e Georges Delerue che aveva già composto le musiche per il precedente lungometraggio del regista francese, Tirate sul pianista.
Anzitutto una questione di stile. Incuriosito dal titolo e sedotto dal provocatorio candore dell’intreccio, ciò che più lo conquista è la speciale qualità del linguaggio. Una prosa poetica semplice ed essenziale, rapida ma rigorosa, frutto (come si accorgerà più tardi consultando i manoscritti) di un gran lavoro di prosciugamento, di cancellazione delle frasi e delle parole non indispensabili. È l’arte della ‘sottrazione’ che accresceva il significato e la potenza delle immagini rimaste.
INIZIO SPETTACOLO ORE 21:00
Il film sarà proiettato in lingua, con sottotitoli in italiano. Copie tutte originali senza i tagli fatti (scene, colonna sonora, etc.) dalla distribuzione italiana dell’epoca.
Protagonisti:
Jeanne Moreau
Oskar Werner
Henri Serre
“Ormai è un archetipo, al punto che se in un film si racconta di una donna che ama contemporaneamente due uomini non si sa più se sia una sua citazione o il ricorso a un modello già classico e ‘astratto’ […]. Ma il vero Jules e Jim, che all’epoca fece scalpore, e in Italia faticò ad uscire proprio per quello scandaloso amore a tre […] non è solo una storia di libertà e spregiudicatezza. È una storia d’amore o d’amori, certo, ma anche di guerra (quella 1914-18, il che dimostra fra l’altro che si poteva fare ‘nouvelle vague’ anche in costume e senza obbligatoriamente stare nell’attualità). È una storia d’arte e di artisti: scrittori, pittori, appassionati di letteratura e archeologia e forse anche dell’amare inteso come opera d’arte.” Alberto Farassino
“Come il neorealismo italiano non tanto era legato alla cronaca, agli ambienti e ai non attori, quanto al nuovo sguardo sul mondo che rovesciava la visione degli eventi, così il cinema di Truffaut risponde a una nuova esigenza di approccio alla realtà, prima che a una soltanto presunta contemporaneità. È quella “morale estetica e nuova, incessantemente riconsiderata” di cui aveva scritto nel 1955 occupandosi del romanzo di Roché e guadagnandosi con questa sola frase la riconoscenza dello scrittore.” Ugo Casiraghi, Vivement Truffaut!, a cura di Lorenzo Pellizzari, Lindau, 2011
“La nouvelle vague generalizza la messa in scena della voce. Tre decenni dopo il passaggio dal muto al sonoro, essa permette ai cineasti di sfruttare tutte le potenzialità offerte dalla colonna audio, e in particolare dalla parola. Il cinema che porta avanti non ha più vergogna di essere parlato, e supera il mito del primato dell’immagine imposto dai teorici degli anni Venti.” Michel Marie, La nouvelle vague, Lindau, 1998
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